I Comuni sono i custodi delle strade e di conseguenza rispondono dei danni causati dal dissesto stradale.
(Avv. Roberto Pasquali)
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (la n. 19154/2012) ha confermato e fissato una volta per tutte un principio che ha grande importanza nella vita quotidiana di ognuno di noi. Il principio, che sembra quasi scontato, in passato troppe volte è stato però messo in discussione, lasciando i cittadini danneggiati senza giustizia. Il principio è il seguente: i Comuni, avendo il governo e la disponibilità di strade o piazze, sono i custodi delle stesse e, come tali, sono responsabili di danni occorsi ai cittadini per tutte le insidie ivi presenti.
Con l’orientamento che si è andato via via affermando negli ultimi anni, e con il principio da ultimo enunciato nella sentenza summenzionata, si è giustamente dispensato l’utente danneggiato dal provare l’esistenza dell’insidia non visibile e non prevedibile, come una buca, un avvallamento pericoloso, ecc. (prova tutt’altro che agevole), trasferendo sugli Enti proprietari e/o concessionari della strada una sorta di responsabilità presunta, salva la possibilità per questi ultimi di uscirne indenni dimostrando l’esistenza di un caso fortuito.
Ma andiamo con ordine.
Inizialmente in caso di infortunio per le strade; sia passeggiando a piedi, sia transitando con un veicolo, il riferimento normativo dei giudici era l’art. 2043 codice civile, che afferma: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
L’affermazione della responsabilità risarcitoria ai sensi di questo articolo risultava però, come detto, molto ardua in quanto l’utente danneggiato era tenuto a provare il fatto oltre la non visibilità e la non prevedibilità dell’insidia sul manto stradale.
E ciò non era affatto semplice.
Se non riusciva a fornire tale prova, facendo interrogare dal giudice testimoni (che magari il più delle volte ad anni di distanza non ricordavano niente), argomentando per presunzioni, o producendo materiale fotografico, perdeva la causa ed oltre a non prendere niente si vedeva esposto al pagamento delle competenze del proprio avvocato e al rimborso delle spese processuali sostenute dal Comune.
Ora gli Enti Territoriali (Comuni, Province ecc.) nonché gli Enti concessionari delle strade, sono invece soggetti all’art. 2051 Codice civile che recita: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”: il che vuol dire che basta dimostrare l'evento dannoso nonché il collegamento diretto tra la strada che doveva essere “custodita” e la verificazione dell’incidente.
E nulla rileva al riguardo la condotta del “custode”.
Infatti funzione della norma è quella di attribuire la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di poter controllare le modalità d'uso e di conservazione delle strade, delle piazze, delle tangenziali, delle autostrade, salva la prova, che incombe a carico di tale soggetto, del caso fortuito, inteso nel senso più ampio, come fattore idoneo ad interrompere il nesso causale, compreso il fatto del terzo o dello stesso danneggiato.
Qualche esempio chiarirà la portata del concetto.
A parte i casi eclatanti di buche presenti sul manto stradale, gli Enti proprietari di strade pubbliche sono stati ritenuti anche responsabili, in più occasioni, dei danni provocati agli automobilisti a causa della presenza di fango sulla carreggiata o a causa del fondo stradale ghiacciato, perché sia il fango che il ghiaccio non sono stati considerati fattori straordinari ed imprevedibili in periodi invernali tali da far ricorrere il caso fortuito. Al contrario è stato riconosciuto il caso fortuito, e negato per esempio il risarcimento al ciclista caduto a causa della presenza di liquidi viscidi sulla pubblica via, in quanto in questo caso la situazione che ha provocato il danno non è conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma è dovuta ad una non prevedibile alterazione dello stato della strada stessa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata, non può essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere.
Un’ultima annotazione: l’affidamento in appalto della manutenzione stradale ad una o più ditte private non trasferisce l’obbligo di custodia del bene demaniale dal Comune alle imprese appaltatrici; anche in questo caso, permane in capo all’Ente proprietario sempre il dovere di sorveglianza, espressamente posto a suo carico dell’art. 14, C.d.S..
Giurisprudenza di riferimento:
I
A carico dei proprietari o concessionari delle autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., essendo possibile ravvisare un'effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate, riconducibile ad un rapporto di custodia. Ne consegue, ai fini della prova liberatoria, che il custode è tenuto a fornire, per sottrarsi alla responsabilità civile, la necessità di distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze dell'autostrada da quelle provocate dagli utenti o da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa in quanto, solo nella ricorrenza di queste ultime, potrà configurarsi il caso fortuito tutte le volte che l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire la tempestività dell'intervento, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi. (Nella fattispecie la S.C. ha cassato la sentenza di secondo grado che, in applicazione dell'art. 2043 c.c. piuttosto che dell'art. 2051 c.c., aveva ritenuto il fondo stradale ghiacciato un evento imprevedibile ed infrequente in una giornata invernale soleggiata) (Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2011, n. 4495, in Arch. giur. circ. n. 9/2011) (1)
(1) Principio consolidato. Ex multis, v. Cass. civ. 29 marzo 2007, n. 7763, in questa Rivista 2008, 270; Cass. civ. 6 luglio 2006, n. 15383, ivi 2007, 697 e Cass. civ. 10 gennaio 2003, n. 298, ivi 2003, 197.
II
La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode, posto che funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, intendendosi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta, salva la prova, che incombe a carico di tale soggetto, del caso fortuito, inteso nel senso più ampio di fattore idoneo ad interrompere il nesso causale e comprensivo del fatto del terzo o dello stesso danneggiato. Per le autostrade, destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l'apprezzamento relativo all'effettiva possibilità del controllo induce a ravvisare la configurabilità, in genere, di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all'art. 2051 c.c.; ove non sia applicabile la responsabilità di cui alla norma citata, per l'impossibilità in concreto dell'effettiva custodia del bene, l'ente proprietario risponde dei danni subiti dall'utente ai sensi dell'art. 2043 c.c., essendo in questo caso a carico del danneggiato l'onere di provare l'anomalia del bene, mentre spetta al gestore provare i fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità, in cui l'utente si sia trovato, di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la predetta anomalia. (Nella specie, applicando il riportato principio, in relazione ad un sinistro occorso a seguito della manovra necessitata dall'attraversamento di un animale in autostrada, la S.C. ha affermato che, dimostrata la presenza di un animale idoneo all'intralcio alla circolazione, non spetta all'attore in responsabilità, tanto nella tutela offerta dall'art. 2051 c.c. che in quella di cui all'art. 2043 c.c., provarne anche la specie, che semmai andrà dedotta e dimostrata dal convenuto, nel caso la società di gestione dell'autostrada, quale indice di ricorrenza di un caso fortuito). (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016)
III
In tema di insidia stradale, il comune è responsabile ex art. 2051 c.c., quale custode di strada pubblica, per aver omesso di vigilare sulla stessa adottando le cautele atte ad evitare danni a terzi. Avendo, tale responsabilità, carattere oggettivo, per acclararla è sufficiente che il danneggiato provi la sussistenza del rapporto di causalità tra l'evento ed il danno a prescindere dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa. (Nella fattispecie si trattava di c.d. ceppo natalizio allestito per le festività di Natale dalla Parrocchia su strada comunale. Il ceppo era stato posizionato sulla corsia di marcia percorsa dall'attore occupandola per buona parte ed era privo di segnalazione di preavviso e/o delimitazione, nonché di autorizzazione da parte dell'Ente pubblico) (Giud. pace civ. Giarre, , 18 novembre 2010, n. 726)
IV
Ove si verifichi un sinistro a seguito di non corretta manutenzione del manto stradale da parte dell'ente preposto alla tutela, la responsabilità gravante sulla P.A., ai sensi dell'art. 2051 c.c., per l'obbligo di custodia delle strade demaniali è esclusa ove l'utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, dovendosi altrimenti ritenere, ai sensi dell'art. 1227, primo comma, c.c., che tale comportamento integri soltanto un concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione dell'incidenza causale, la responsabilità della P.A (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2010, n. 9546)
V
L'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estenzione. Tale responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, che può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima, ricollegabile all'omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe. (Nella specie, un automobilista dopo essere sbandato a causa della strada ghiacciata, era uscito di strada a causa della inadeguatezza del "guard rail", danneggiato il giorno precedente da altro sinistro e non riparato dall'ente proprietario della strada, convenendo conseguentemente in giudizio quest'ultimo ed invocandone la responsabilità ex art. 2051 c.c. La S.C., applicando l'enunciato principio, ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell'ente proprietario della strada, sul presupposto che le dimensioni di quest'ultima non consentissero un'adeguata sorveglianza). (Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2009, n. 24529 )
VI
Affinché la P.A. possa andare esente dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., per i danni causati da beni demaniali, occorre avere riguardo non solo e non tanto all'estensione di tali beni od alla possibilità di un effettivo controllo su essi, quanto piuttosto alla causa concreta (identificandosene la natura e la tipologia) del danno. Se, infatti, quest'ultimo è stato determinato da cause intrinseche alla cosa (come il vizio costruttivo o manutentivo), l'amministrazione ne risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c.; per contro, ove l'amministrazione sulla quale incombe il relativo onere dimostri che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi (come ad esempio la perdita o l'abbandono sulla pubblica via di oggetti pericolosi), non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, essa è liberata dalla responsabilità per cose in custodia in relazione al cit. art. 2051 c.c. (Nella specie, in cui il giudice di merito aveva ritenuto che l'amministrazione comunale non fosse responsabile del danno patito da un passante inciampato in un marciapiede sconnesso, sul presupposto che l'art. 2051 c.c. non potesse essere applicato nell'ipotesi di danni causati da beni demaniali, la S.C. ha cassato tale decisione, formulando il principio di cui in massima) (Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2008, n. 15042)