In caso di risarcimento contro gli infortuni non mortali, il danneggiato non può chiedere i danni sia all’assicurazione che al responsabile del sinistro. Il pagamento dell’uno esclude quello dell’altro. Solo in caso di pagamento parziale dell’uno, si può chiedere all’altro solo la differenza residua (Cass. sent. n. 13233/14 dell’11.06.2014)
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Secondo la Suprema Corte nell’ambito dell’assicurazione contro i danni, l’indennizzo non può mai superare il danno effettivamente subìto.
Pertanto, il risarcimento dovuto dal danneggiante alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito di quanto da quest’ultima già percepito a titolo di indennizzo da parte dell’assicurazione privata contro gli infortuni.
In altre parole, se il danneggiato ha già ottenuto completo ristoro dall’assicurazione, nulla può chiedere al responsabile del sinistro. Viceversa, se ha ottenuto solo una parte del ristoro, può pretendere dal responsabile solo la residua parte. In ogni caso, quindi, i due risarcimenti non possono mai essere una duplicazione l’uno dell’altro.
Le ragioni per cui tale cumulo è impossibile sono chiare:
1. Innanzitutto, se fosse consentita tale duplicazione di indennizzi, l’assicurazione diventerebbe una scommessa per l’assicurato, che, per assurdo, arriverebbe ad avere un interesse nel subire un sinistro. Potendo chiedere un risarcimento pari al doppio del danno, egli infatti finirebbe per ottenere un vero e proprio lucro.
2. Se fosse consentito il cumulo, l’assicuratore, una volta pagato il risarcimento al danneggiato, perderebbe il diritto di agire in surrogazione verso il responsabile, ossia di chiedere a quest’ultimo la restituzione delle somme pagate per suo conto, surrogazione invece sempre consentita dalla legge (art. 1916 c.c.)