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Home Articoli e commenti (civile) Famiglia La casa in prestito ai figli per il matrimonio.


La casa in prestito ai figli per il matrimonio.

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Il ricorso al contratto di comodato, in un  momento di crisi come quello attuale, è  uno strumento frequentemente utilizzato da genitori o parenti, come soluzione al problema abitativo,  in favore delle giovani coppie che decidono di unirsi in matrimonio.

Finché il matrimonio va avanti bene e sereno, di solito, non sorgono difficoltà, ma quando la coppia va in crisi e si separa, e viene pronunciato un  provvedimento di assegnazione dell’immobile in favore del coniuge affidatario dei figli da parte del Giudice, allora sorgono grossi problemi in quanto i proprietari dell’immobile (i genitori o i parenti del coniuge che ha dovuto lasciare lo stesso, di solito il marito) ne chiedono di conseguenza la restituzione al coniuge assegnatario medesimo (di solito la moglie).

Le Sezioni Unite hanno distinto tra due forme di comodato, quello c.d. precario, cioè  senza determinazione di durata, e  quello propriamente detto, con determinazione di un termine di durata (Cass. S.U. n. 20448/2014).

Com’è noto è consentito richiedere ad nutum il rilascio al comodatario solo nel caso di “comodato precario”, stante la mancata pattuizione di un termine e l'impossibilità di desumerlo dall'uso cui doveva essere destinata la cosa. Invece per il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale, il comodante potrà  esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente e imprevisto bisogno, altrimenti dovrà rispettare il termine.

Secondo la Cassazione va ricondotto a quest’ultimo tipo contrattuale il comodato di immobile che sia stato pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del  comodatario: si tratta di contratto sorto per uso determinato e dunque per un tempo determinabile per relationem, ossia individuabile in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dall'insorgere di una crisi coniugale (Cass.  S.U. n. 13603/2004; Cass. n. 1666/2016).

Dunque resterà al coniuge assegnatario la casa di proprietà di terzi (ad esempio dei genitori o dei parenti dell’altro coniuge) tutte le volte in cui la casa stessa abbia avuto come destinazione quella di casa coniugale e sino a quando non verrà meno la destinazione o l’uso di casa familiare: situazione che cesserà solo nel momento in cui i figli della coppia diventeranno economicamente autosufficienti.

In sostanza il provvedimento del Giudice della separazione non modifica né la natura, né il contenuto del titolo di godimento sull’immobile,  e  la  durata del rapporto va anche oltre la crisi coniugale, non essendoci possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà unilaterale ( cioè ad nutum ) del comodante.

Abbiamo però detto che il comodante potrà  esigere la restituzione immediata in caso di sopravvenienza di un suo urgente e imprevisto bisogno.

Al riguardo la Cassazione ha stabilito che la casa concessa in comodato gratuito ai figli va restituita ai genitori anziani quando questi versano in precarie condizioni economiche.

Per cui i figli che hanno usufruito della casa  dei genitori  in
comodato, per il matrimonio,  devono restituirgliela, perché la vecchiaia stessa porta con sé  l’aggravio di spese da fronteggiare.

Per la Suprema Corte ai sensi dell'art. 1809, secondo comma, cod. civ., il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente; ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto, ma anche il sopravvenire di un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare (Cass. S.U. n. 20448/2014).

Tali principi sono stati successivamente ribaditi dalla stessa Corte che ha specificato che  l'età avanzata dei genitori, “di per sé portatrice di inevitabili problemi di salute e della conseguente necessità di fronteggiare maggiori spese mediche, deve sempre essere considerata  un fattore decisivo, per decidere la revoca del comodato in favore dei figli” (Cass. n.1733/2018).

 

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