L’art. 629 Cod. Pen. (Estorsione) così recita: “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o omettere qualcosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000”.
Per tale reato si procede d’ufficio, per cui basterà una semplice denuncia, anche da parte di un soggetto estraneo che sia venuto a conoscenza del fatto, affinché inizi un procedimento penale a carico del colpevole
Il procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno non rappresenta solo lo scopo in vista del quale il colpevole si determina al comportamento criminoso, cioè all’estorsione, ma un elemento della fattispecie oggettiva il cui nucleo costitutivo è dato dalla violenza o minaccia per mezzo della quale una persona viene costretta a tenere una condotta, positiva o negativa, che importa una diminuzione del suo patrimonio con profitto per l'agente o per altri.
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (punito, a querela dell'offeso , con la reclusione fino a un anno, ex art. 393 c.p.) si ha invece quando chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé, usando violenza o minaccia alle persone.
Qui il soggetto si arroga di poteri spettanti all'Autorità Giudiziaria nella convinzione, anche se infondata, che l'oggetto della pretesa gli competa effettivamente e giuridicamente.
In sostanza nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone si ha la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato; nel delitto di estorsione, al contrario, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia, mirando ad ottenere un qualsiasi quid pluris.
Secondo questi principi, integra sempre gli estremi dell'estorsione, la condotta consistente in minacce o violenza all'indirizzo di prossimi congiunti del debitore, senz'altro estranei al rapporto obbligatorio inter partes asseritamente azionato dall'agente, la cui pretesa di rivalersi in danno di terzi non sarebbe giudizialmente coltivabile (Cass. 24617/2020).