Con riguardo alle domande di risoluzione del contratto di locazione e di condanna del conduttore al pagamento dei canoni, deve essere negata la legittimazione (attiva) del comproprietario del bene locato pro parte dimidia, ove risulti l'espressa volontà contraria degli altri comproprietari (e sempre che il conflitto, non superabile con il criterio della maggioranza economica, non venga composto in sede giudiziale, a norma dell'art. 1105 c.c.), considerato che, in detta situazione, resta superata la presunzione che il singolo comunista agisca con il consenso degli altri, e, quindi, cade il presupposto per il riconoscimento della sua abilitazione a compiere atti di utile gestione rientranti nell'ordinaria amministrazione della cosa comune (Cass. civ., sez. III, 13.01.2009, n. 480).
In giurisprudenza è pacifico che ciascun proprietario possa provvedere alla locazione del bene comune, ad agire per la risoluzione del contratto e lper a riconsegna della cosa comune trattandosi di atti di ordinaria amministrazione per i quali è presunto, salvo prova contraria, che il singolo comunista abbia agito anche con il consenso degli altri. Quando esiste invece dissenso tra i comproprietari: a) se le quote non sono uguali, vige il principio della maggioranza; b) se le quote sono uguali è necessario il ricorso al giudice ex art. 1105 C.c. che deciderà in camera di consiglio ex articoli 737 e 742-bis .